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venerdì 6 novembre 2015

Pillole di Eleganza la Pochette.

Oggi parliamo delle borse "pochette", dagli storici modelli super griffati, a quelle più alternative lavorate a mano o con pietre preziose e coralli. Belle? Bellissime. Comode? Un po' meno. Nella pochette, infatti, si può infilare il minimo indispensabile (cellulare, carta di credito e chiavi di casa). Per questo, sono ottime alleate per un aperi-chic in centro, una cena romantica o una serata in disco con le amiche.

In lingua francese significa "tasca". La pochette - da poche, appunto, piccola borsetta senza manico che si tiene tra le mani,  Le donne le adorano, queste micro-borsine che custodiscono mondi, come piccoli scrigni pieni di segreti.

Le origini di questo vezzo, risalgono probabilmente alla Francia del Settecento. In quei tempi, le tasche (poches) non erano cucite ai vestiti delle gentil dame, ma erano sostituite da sacchettini che si appendevano alla vita e da qui deriverebbe anche il nome le evoluzioni di questa borsetta saranno nei secoli tantissime, per poi conoscere il massimo splendore tra gli anni Venti e Trenta. E ovviamente, ancora, nell'età contemporanea. Sempre sotto i riflettori, accessorio imprescindibile della attrici sui tappeti rossi. Innalzata ancora oggi a modello di borsa più elegante quando si trasforma in baguette (lunga e stretta) o in clutch (con chiusura rigida).. La vera essenza della pochette è ben altra, facciamo un viaggio indietro nel tempo: siamo nel Novecento, a cavallo tra gli anni 20 e 30, alla fine della Prima Guerra Mondiale.
In quel periodo, la società è invasa da una forte rivoluzione dei costumi femminili. Le donne, che hanno abilmente sostituito nelle fabbriche i propri uomini impegnati al fronte, diventano consapevoli delle loro potenzialità.

Via le pettinature rigide e gli abiti in stile vittoriano, il gentil sesso prende consapevolezza della propria femminilità e si fascia in abiti sensuali e leggeri. Le pettinature diventano corte, sbarazzine, in poche parole "rivoluzionarie", sono chiamate "Flappers": sono donne indifferenti allo sguardo scandalizzato, che fumano e bevono in pubblico, compiacendosi dell'indignazione di una società troppo acerba perché possa accettare, in questo confusionario momento storico, nasce il mito dei primi cosmetici, del rossetto, delle sigarette e della pochette.
Queste piccole ed (apparentemente)inutili "tasche", hanno cavalcato i decenni, arrivando inalterate ai giorni nostri, invadendo anche il mercato del Vintage.
Quale sia il segreto di una borsa così speciale e unica nel tempo, nessuno può dirlo. O meglio, nessuno può dire che sia uno soltanto. Sono molti gli elementi che contribuiscono a renderla così unica: piccola, preziosa, ultrafemminile. Morbide o rigide, racchiudono un microcosmo di un'eleganza ricercata e mai ostentata; si abbinano con tutto, da una giacca bon ton a un abito da sera con profusione di bijoux; si trovano in ogni materiale, dal più prezioso al più semplice. Adatte quindi a tutte le età, per tutte le occasioni, in ogni stagione. Un ponte ideale tra nuovo e vintage, che rende la pochette molto più di un accessorio. Piuttosto un must have per tutte le donne, convinte del suo spirito chic e sofisticato. Nessuna vuol rinunciare ad averla nel suo armadio.
In un momento di delicato equilibrio sociale, in cui gli uomini soffrono l'eccessiva indipendenza e liberalizzazione dei costumi femminili, la pochette torna alla ribalta e diventa un "must", un accessorio che non può mancare nel guardaroba femminile.
 Le pochette sono in grado di illuminare ogni donna che la indossi, come un gioiello. Non a caso infatti, la nuova tendenza delle grandi griffe è quella di abbinarle a bracciali ed anelli: le mani sono tornate oggetto di grande seduzione e la micro-borsina pare un loro prolungamento, merito anche della sua versatilità. Preziosa,  in pellami ricercati e morbidi, o martellati, ricamata, decorata, o dalle linee essenziali. In grado di arricchire ogni look, dal più semplice al più costruito. Ammessa quindi anche al di fuori dell'abbigliamento da sera, delle occasioni importanti?
Gli stilisti giurano di sì. Queste sofisticate borsine ricordano che la moda è cambiata, è più libera. Nessuna paura di abbinarle alle scarpe o all'abito. Libertà totale, anche nel colore. Naturalmente è il gusto e l'occhio a dettare le regole, ma senza rinunciare al gioco, al divertimento. Del resto, la pochette è una borsettina un po' buffa. Al confine tra la vanità e l'utilità, di certo "costringe" alle cose essenziali, viste le dimensioni ridotte. Ma resta un baluardo di gusto e strappo alle regole, di femminilità e indipendenza.
La più famosa pochette della storia della moda, val la pena ricordarlo, è un vero e proprio inno alla libertà: la 2.55 di Chanel, la mitica mini bag dalla catena dorata e in pelle nera matelassè nata dal genio ribelle e inconfondibile di Mademoiselle Coco - il nome deriva dalla data di nascita, il febbraio 1955 - ha cambiato il corso della storia.
Sintesi di femminismo prima di diventare sinonimo di lusso, perfetta sia per il giorno che per la sera, equilibrio perfetto tra eleganza e carattere, la 2.55 è stata un'idea rivoluzionaria: da quel momento le donne e le loro mani potevano essere impiegate in altre attività, come tenere un drink, fumare in pubblico, o stringere la mano dell'amato.




domenica 4 ottobre 2015

Bretelle Che Passione di Italo Borrello


Un accessorio che l’uomo di stile non deve e non può trascurare. Ideale per i completi, le bretelle erano in passato declinate in ogni tipo di contesto, da quello rurale al cittadino più formale. Italo Borrello ce le narra con le consuete puntualità ed esperienza. 


Ogni anno l’arrivo dell’autunno rinvigorisce, nell’uomo di stile, il piacere di dedicarsi alla cura del proprio guardaroba. Si effettua il tradizionale “cambio di stagione”, si rispolverano gli abiti più pesanti, se ne verifica lo stato, si programmano nuove e urgenti visite in sartoria, si svolge un attento inventario degli accessori, decidendo le opportune (o necessarie) integrazioni. Sciarpe, guanti, cappelli, maglie e altri complementi essenziali dell’abbigliamento classico ritornano - odorosi di canfora - tra le mani dell’uomo elegante. Dopo aver abbondantemente giocato con i lini e i cotoni della stagione estiva, dopo aver concesso ampio spazio a tenute informali, arricchite da accessori in pelle pregiata, quali mocassini in cuoio o cinture in morbido vitello o sontuoso coccodrillo, si rinnova il piacere di indossare l’abito a giacca, magari a tre pezzi, e, con esso, il gusto di portare le bretelle
.È difficile resistere al fascino di quest’ultimo accessorio, la cui nascita è collocata dagli storici dell’abbigliamento addirittura nel 1700 (l’origine del nome è francese e rimanda al concetto di stringere, premere, intrecciare). Da allora esso è stato declinato in numerosi materiali (cuoio, corda, cotone, velluto, gomma), rispondendo comunque allo scopo di sorreggere e mantenere a un’altezza costante e appropriata non solo i pantaloni maschili, ma anche le gonne femminili.

Le bretelle delle quali ci occupiamo in questo breve scritto sono, ovviamente, quelle destinate ad agganciarsi a bottoni cuciti all’interno dei pantaloni. Riteniamo invece di poter trascurare quelle con la chiusura “a clip”, forse più pratiche ma sicuramente prive di reale interesse dal punto di vista estetico e dell’eleganza maschile. Vale, per esse, lo stesso approccio che induce l’uomo di stile a preferire i bottoni sulla patta dei pantaloni, relegando nel dimenticatoio la chiusura lampo.

Le bretelle consentono di tenere il pantalone perfettamente adagiato lungo la gamba e di fargli toccare la scarpa in un punto costante, indipendentemente dai movimenti e dalla circonferenza della pancia. Il pantalone sorretto da bretelle possiede una grazia e un aplomb unici. Realizzato da un maestro sarto, esso avrà vita alta, due pinces profonde e, per conseguenza, un ampio “mantesino”, un cinturino anch’esso alto e, soprattutto robusto (per evitare antiestetici rovesciamenti), spezzato, sul retro, da uno spacco a “V”. Nel caso di pantaloni da abito completo, sarà opportuno considerare l’ipotesi di eliminare completamente i passanti, onde evitare la tentazione di usare la cintura. Quest’ultima potrà invece essere alternata alle bretelle nel caso di pantaloni destinati a spezzati. Avrà invece campo libero sui pantaloni estivi, da portare con la sola camicia.

I bottoni per l´aggancio delle bretelle, larghi e piatti, saranno applicati all’interno del cinturino. Sulla parte anteriore, uno dei bottoni sarà cucito in corrispondenza della prima pince, mentre l’altro seguirà a una distanza di circa 8-10 cm. Sul retro dei pantaloni, gli attacchi saranno disposti simmetricamente ai due lati dello spacco centrale.


Le bretelle rappresentano un complemento essenziale dell’abito a giacca e, in età classica, costituivano lo strumento pressoché esclusivo per sorreggere i pantaloni. L’immancabile presenza del panciotto, o gilet, tuttavia, le condannava all’invisibilità. Ciò permetteva di agganciarle a bottoni che venivano cuciti sulla parte esterna del cinturino dei pantaloni (cosa che alcune prestigiose sartorie fanno ancora oggi, per alcuni abiti per i quali il panciotto è indispensabile, come il morning coat).

Il tramonto del gilet, più o meno intorno alla metà del secolo scorso, ha determinato il progressivo abbandono delle bretelle in favore della cintura. Ciò si è tradotto, inoltre, nella progressiva discesa del punto vita dei pantaloni al di sotto di quello naturale, fino a far poggiare gli stessi pantaloni addirittura sulle anche. L’avvento dei jeans e, successivamente, dei famigerati pantaloni a vita bassa, ha dato il definitivo colpo di grazia all’armonia e all’eleganza della figura maschile.


Queste linee di tendenza, affermatesi come nuovi codici dell’abbigliamento maschile, non hanno impedito, per fortuna, che il punto naturale di vita dei pantaloni e l’uso delle bretelle sopravvivessero, trovando cultori attenti in ogni parte del mondo. Un contributo meritorio, in questo senso, è venuto dalla cultura anglosassone e, soprattutto, dagli Stati Uniti, dove le bretelle hanno conosciuto momenti di autentica gloria grazie ad alcune sapienti caratterizzazioni nel mondo dello spettacolo: si pensi al Gordon Gekko del film “Wall Street”, la cui figura rimane indissolubilmente legata alle bretelle indossate dall’attore Michael Douglas; o, ancora, al presentatore e “anchor man” Larry King, che ha fatto delle bretelle un tratto distintivo del proprio personaggio televisivo.

Oggi troviamo in commercio svariati tipi di bretelle. Al fine di fornire utili suggerimenti per orientarsi nella scelta, possiamo distinguerle in base agli attacchi, nonché al materiale, alla larghezza della fettuccia e al colore.
Gli attacchi possono essere in cuoio, pelle, budello o tessile. Nel primo caso, le bretelle saranno senz’altro di tono sportivo e accompagneranno egregiamente abiti dello stesso tono, spezzati o nei classici tessuti per l’aria aperta. Sul versante opposto si collocano gli attacchi in tessile, solitamente gros grain, abbinati a bretelle in seta, perfette per abiti più formali. Un discorso a parte va fatto per il budello, bianco o naturale, ormai fuori produzione, che - prima di essere sostituito con più comune pelle bianca o nera - accompagnava splendide bretelle in feltro colorato, molto usate in Inghilterra sotto giacche di tweed o altre lane pesanti e matte. Si tratta delle cd. Boxcloth, le cui fettucce dai colori forti, regolabili sul davanti, sono spesso lasciate disinvoltamente lunghe da molti eleganti.

Quanto al materiale, vi sono bretelle interamente in fibra elastica e bretelle rigide, che hanno l’elastico solo nel tirante posteriore. Se le prime sono molto più comode a indossarsi, considerando che quando ci si siede la tensione delle fettucce può essere fastidiosa, non c‘è dubbio che la palma dell’eleganza vada alle seconde, spesso di seta luminosa e multicolore. Non posso non menzionare il virtuosismo di un elegante dalla simpatia unica, il milanese Francesco Maglia, detto Kino, produttore di ombrelli di qualità eccelsa e appassionato indossatore di bretelle in cuoio intrecciato, realizzate dalla ditta americana Trafalgar ma, a quanto pare, anch’esse non più in produzione.

La larghezza della fettuccia andrebbe posta in relazione con la corporatura, la stagione e il peso del tessuto. In estate, infatti, è preferibile ridurne al minimo lo spessore e la larghezza, in modo da attenuare la sensazione, alquanto fastidiosa, di avere un altro capo addosso, tra la camicia e la giacca. Gli abiti invernali di peso elevato si giovano senz’altro, invece, di bretelle larghe e spesse. Notevole, in questi casi, è l’effetto delle già citate Boxcloth.
Quanto ai colori, non sembrano esservi, nelle scelte dell’uomo di stile, limiti particolari: fantasie, anche azzardate, strisce regimental, tinta unita, tutto è concesso lungo i binari del buon gusto, ovviamente. Non sottovaluterei, ad esempio, il potere benefico sull’umore e sulla sicurezza di sé, di un paio di bretelle in colori forti e decisi, il cui balenare improvviso all’apertura della giacca può riscaldare una grigia giornata o ridimensionare un’avversa circostanza.

E’ diffusa, in molti gentiluomini, la tendenza ad adottare bretelle colorate anche sotto lo smoking. Questo vezzo, che spesso si estende anche alla pochette, non è affatto criticabile, a patto che non se ne abusi. Le bretelle da smoking più corrette, infatti, sono bianche di moiré, cioè con la superficie percorsa da venature simili a quelle del legno, e con attacchi in tessile dello stesso colore. Ciò al fine di mantenere salda e incorruttibile la drammaticità del contrasto bianco/nero di una tenuta in black tie.

Concludiamo, ora, con qualche nome. In seta o in altri materiali, con qualunque tipo di attacco e di larghezza, le bretelle hanno, in tutto il mondo, un riferimento fondamentale nella casa inglese “Albert Thurston”, fondata nel 1820, la quale già nel 1851, in occasione della Grande Esposizione londinese in Hide Park, in piena epoca vittoriana, riceveva una Honourable Mention per l’eccellente qualità dei propri prodotti. La scelta di bretelle, sul sito internet di questa prestigiosissima ditta, è veramente impressionante (www.albertthurston.com ).


Sempre a Londra, nel quartiere St. James, scorrendo le vetrine delle camicerie di Jermyn Street, ancora cariche di attrattive per l’uomo di stile, si potranno trovare splendidi esemplari di boxcloth in tinte unite che vanno dal giallo canarino al rosso vivo, al verde inglese, fino al rosa, al lilla e al viola, colori tanto cari agli eleganti d’oltremanica. Tra gli indirizzi, segnaliamo “New & Lingwood”, al n. 53, “Harvie & Hudson”, ai nn. 77 e 96/97, “T.M. Lewin”, ai nn. 103/106.


In Italia, meritano una menzione speciale le splendide bretelle realizzate da Marinella, a Napoli, con le stesse sete utilizzate per le celebri cravatte.(www.marinellanapoli.it)
Quanto ai negozi specializzati, mi sia consentito citare due indirizzi romani.
Il primo è “Cruciani & Bella”, al n. 34 di Piazza S. Lorenzo in Lucina, uno dei più bei salotti della Capitale. Accolti con cortesia e competenza dall’elegante Danilo Cruciani, vi si possono trovare cravatte e accessori inglesi di qualità eccellente. Vastissima la scelta di bretelle Thurston, i cui colori e abbinamenti sono assortiti in Inghilterra specificamente per Danilo (www.crucianiebella.it).
Il secondo è l’antica Cappelleria “Viganò”, in Via Minghetti, 8, a pochi passi dal Teatro Quirino (oggi intitolato a Vittorio Gassman). Rimasto immutato dai primi del secolo scorso, questo negozio rappresenta - oggi - uno dei pochissimi luoghi, in tutta Italia, in grado di dare all’appassionato un’idea concreta di quanto ricco, raffinato e interessante fosse, una volta, il mondo dell’eleganza classica maschile.

Per la pubblicazione si ringrazia Stile Maschile editore




sabato 19 settembre 2015

PROMINENTE CLÁSICO


« L’evoluzione di un classico»

In occasione di Baselworld 2015, Cuervo y Sobrinos presenta una nuova versione del suo rinomato “Prominente Clásico”. Questo modello presenta una sottile cassa dallo stile contemporaneo e dal look sobrio, completato da un elegante e raffinato quadrante che racchiude perfettamente l’esclusiva identità del marchio dalle origini Latine.


Le linee pure di Prominente Clásico sono ispirate allo stile Art Déco. Ed è un puro piacere indossarlo grazie alle ridotte dimensioni della cassa (32 x 43 mm) perfettamente in linea con le attuali tendenze di eleganza e sobrietà. La nuova collezione Prominente di orologi è il perfetto esempio di fascino sofisticato.


La serie Prominente accoglie un movimento CyS 5101 su base ETA2892-A2. Si tratta di un movimento automatico con riserva di carica di 42 ore, impermeabile fino a 3 atmosfere. Indica le ore, i minuti, i secondi e la data. L’orologio è realizzato in acciaio inossidabile e il movimento è visibile attraverso il fondello trasparente in vetro zaffiro.

Questo nuovo modello con quadrante color crema e finitura rigata classica trasmette tutto il calore e l’emozione del marchio inequivocabilmente associato alle sue origine cubane. Il vetro zaffiro a doppia bombatura dona all’orologio un affascinante tocco vintage tipico degli anni ‘40.

Il nuovo modello Cuervo y Sobrinos rispecchia ancora una volta l’essenza e la filosofia di questo esclusivo marchio svizzero: il rispetto per le origini e le tradizioni latine combinato alla conoscenza dell’alta orologeria e della tecnologia più moderna.

venerdì 21 agosto 2015

10 lezioni di stile che ci ha trasmesso Audrey Hepburn & Il tubino nero è per sempre

Cambiano le mode, gli outfit, le forme ed i colori in passerella, ma c’è una cosa che non cambia mai. La classe, quella vera, non teme il passare del tempo: così ancora oggi le lezioni di Audrey Hepburn, vera e propria icona di stile, sono più attuali che mai. Tra le sue caratteristiche più apprezzate, la capacità d iessere femminile in ogni contesto e di sentirsi sempre a proprio agio.
Oggi abbiamo pensato di raccogliere 10 lezioni di stile senza tempo che Audrey Hepburn ci ha trasmesso
Spesso, gli outfit più semplici sono proprio quelli di cui abbiamo bisogno – Non bisogna sempre farsi rubare la scena da accessori ed abiti d’effetto, tutto quello che serve è già a portata di mano.
guanti rendono un outfit più sofisticato – Alcuni dei look più apprezzati di Audrey sono diventati iconici proprio grazie al tocco in più di un paio di guanti.
Un sorriso può davvero fare la differenza – Avete notato come in molte delle sue foto, ad attirare l’attenzione è anzitutto il suo sorriso? Il resto viene poi.


Non bisogna avere paura dei capi dal taglio maschile - Anche con un outfit apparentemente poco femminile, il fascino di Audrey Hepburn rimane immutato.
Non sono sempre necessari i tacchi per fare colpo – Chi l’ha detto che per sentirsi davvero femminili sono necessari un paio di tacchi vertiginosi? Alcuni dei look più amati della Hepburn includono calzature semplici (e nessun paio di trampoli).



Gli occhiali da sole stanno bene praticamente su tutto – Questo vale anche per gli outfit più eleganti, come dimostrano i fotogrammi di Colazione da Tiffany.
Non è vero che un costume da bagno a due pezzi è sempre più sexy – Anche con un semplicissimo costume intero potete attirare l’attenzione.
Mai sottovalutare l’importanza del makeup occhi – L’eyeliner messo nel modo giusto può rendere un look più speciale.
Ogni tanto bisogna anche osare – Che sia un cappello, una maglia o qualsiasi altro accessorio, concedetevi il privilegio di stupirvi e di stupire. Anche i capelli corti sanno essere molto femminili – La chiave sta nel sentirsi a proprio agio, sempre.



Il Tubino Nero:
E’ proprio vero il tubino nero è per sempre.Il tubino nero si adatta a qualsiasi forma del corpo
  • che siate a clessidra, a mela, a triangolo, poco importa…Lui sarà sempre pronto a valorizzare la nostra silhouette e a conferirci fascino, eleganza e una irresistibile femminilità.
Tropicana di Cuervo y Sobrinos 1882
Lo si può indossare al lavoro, a una festa più o meno formale o a un matrimonio senza mai essere fuori luogo, ma sempre eleganti e sofisticate. Grazie alla semplicità delle sue linee, che fasciano il nostro corpo con grazia, il tubino nero potrà essere impreziosito con gli accessori più disparatiPotremo quindi dare sfogo alla nostra fantasia con una bella stola, una borsa dai colori più o meno accessi senza mai sbagliare, perchè si armonizzeranno perfettamente.

  • Impossibile farne a meno!
  • In ultimo, ma non per ultimo, ancora una piccola lezione di stile che non dovremmo mai dimenticare: a volte bisogna non prendersi troppo sul serio!

sabato 13 giugno 2015

HISTORIADOR CRONÓGRAFO LANDERON

Classico e distintivo



Se esiste un marchio al quale non manca la tradizione e la storia da raccontare, quello è Cuervo y Sobrinos. Perfino nelle sue creazioni più innovative, il marchio non perde mai di vista le sue origini e la sua originale personalità, che miscela sapientemente l’anima latina e l’arte orologiera svizzera.

Con la famiglia Historiador Cronógrafo, Cuervo y Sobrinos rinnova uno dei modelli storici più caratteristici. Ispirato a un modello originale Cuervo y Sobrinos degli anni ‘50, Historiador Cronógrafo ha uno stile classico senza tempo e un design distintivo sottolineato dalle caratteristiche anse.

Un cronografo elegante, dedicato a un pubblico raffinato ed esigente alla ricerca di creazioni di lusso che resistano alle mutevoli mode del momento. I cronografi Cuervo y Sobrinos sono caratterizzati da un tocco vintage sottolineato dal diametro della cassa (41 mm), dal design grafico tipico dei quadranti anni ‘50 e dal vetro zaffiro bombato (in passato questi cristalli erano realizzati in esalite).

Historiador Cronógrafo Landeron in oro rosa 18 ct ha due quadranti classici con scala tachimetrica e un quadrante bianco smaltato. Il movimento è a carica manuale vintage Landeron con funzione cronografo 45 minuti e secondi centrali.

Historiador Cronógrafo Landeron è una riedizione limitata di 50 esemplari di un antico modello Cuervo y Sobrinos degli anni ‘50. Per evidenziare l’importanza di questo orologio e trasformare ogni modello in un pezzo unico e di grande valore è stato utilizzato un movimento esclusivo vintage creato negli anni ‘50.
I movimenti sono stati completamente e attentamente restaurati e decorati pezzo per pezzo da Cuervo y Sobrinos. Il risultato è un capolavoro, un classico diventato l’orgoglio della casa, una delizia per quei pochi che potranno godere della sua bellezza.

Edizione limitata di 50 pezzi.





sabato 2 maggio 2015

Casa dell'Eleganza di Alfredo De Giglio

“Eletti sono coloro per i quali le cose belle non hanno altro significato che di pura bellezza”. Oscar Wilde.  (Il Direttore)

Finalmente a Roma c’è un posto dove l’uomo elegante può trovare asilo e ristoro. In verità il luogo sta lì da secoli, ma solo recentemente si è affrancato dall’orda barbara del pressappochismo e della volgarità pseudo-giovanile.
Questo posto ha il fascino misterioso di una ‘brigadoon’. Ricordate il film degli anni ’50 in cui due turisti inglesi si imbattono in un paesino scozzese che, scopriranno poi, appare al mondo visibile una volta ogni secolo? Ebbene, i due turisti rimangono stregati da Brigadoon proprio come chiunque incontri, dopo tanto vagare, la Casina Valadier.





Un luogo ricco di fascino finalmente tornato ai fasti per i quali era stata progettato tre secoli fa ma che prima d’ora, per un destino strano e contorto, non aveva mai pienamente raggiunto.
Tranne che per pochi anni, nel Ventennio fascista, durante il quale la Casina era diventata il ritrovo della nobiltà e degli intellettuali non solo romani (come Pirandello e D’Annunzio), questa costruzione neoclassica progettata dall’architetto romano Giuseppe Valadier ha vissuto duri giorni di oblio.



Per fortuna, dicevamo, da qualche mese è tornata con nuova linfa e volontà di rendere giustizia all’edificio, già uno dei più belli di Roma e soprattutto con una vista sul centro storico irripetibile. La nuova gestione sta lavorando per rendere concreto il sogno iniziale di chi progettò questo gioiello, che già nacque con le stimmate dell’eleganza e dell’esclusività.
La Casina, infatti, fu voluta dal Valadier come il luogo in cui i romani potevano riposarsi da lunghe camminate lasciandosi ammaliare della vista sul cuore antico della città in compagnia di un caffè ristoratore.



L’attenta ricostruzione storica delle vicende che si legano al Pincio e alla Casina ci restituisce una serie di note interessanti e controverse.
Nel 1810 il governo francese, a cui Roma sottostava, decide di realizzare la prima passeggiata pubblica sul Pincio, che sino ad allora era stato proprietà privata di famiglie nobili o della Chiesa. Nel 1600 è degli Agostiniani, che qui hanno una tenuta agricola. Per questo vi fanno costruire un ‘casone’ ove conservare e lavorare i prodotti, eretto sull’antica cisterna romana (‘la gran botte’) in cui secoli addietro, narrano le leggende, vi venivano fatti precipitare e annegare i corpi dei cristiani.
Valadier è incaricato di dare una coerenza architettonica al Pincio ma anche alla scalinata e a Piazza del Popolo. L’architetto, di origine francese, è figlio del primo grande orafo/argentiere romano, famoso per i fastosi centrotavola. E infatti, guardando dall’alto Piazza del Popolo, non vi sembra proprio un centrotavola?
Nel 1815 il progetto di Valadier diventa operativo, e per contenere le spese si decide di partire dal ‘casone’ già presente. L’obiettivo è la costruzione di un caffeaus, di una casina del caffè per il pubblico utilizzo. Bisogna specificare che i francesi volevano far diventare Piazza del Popolo come l’ingresso ufficiale a Roma Nord creando dei luoghi di ricreazione e salute per le genti romane. Dopo la demanializzazione del Pincio iniziano i lavori.
Da allora la Casina non ha avuto pace, sopravvivendo tra periodi di splendore e altri di buio totale. I lavori si susseguono a più riprese così come i tentativi di un suo sfruttamento commerciale.
Nel 1872 si tenta di adibirla a ‘uso di Birreria e Buffet’, poi a Café e ancora a ristorante di lusso, grazie alla costruzione di terrazze sui quattro lati. Ospitò persino esposizioni d’arte.
Nel 2004, dopo un lunghissimo ed accurato restauro, la Casina riacquista gran parte del suo fascino, nascosto per troppi anni. Ma solo ora le sue potenzialità sono in piena espressione.




Il direttore Roberto Mattera (a destra nella foto sotto, accanto al direttore di Stilemaschile) ci ha parlato della volontà di crescita e di miglioramento non sul piano quantitativo ma esclusivamente qualitativo. Un posto così esclusivo deve essere teatro di eventi all’altezza che sfuggano alla normale routine serale della vita capitolina.



Nelle ultime settimane alla Casina Valadier si sono alternate presentazioni, incontri fumosi, cene ed appuntamenti che hanno gratificato l’uomo di gusto, in cerca di un luogo selezionato, in cui tutto, dall’accoglienza (educata e formale) alla cucina (tradizionale e attuale) abbia una sua coerenza.
E noi di Stilemaschile ne abbiamo fatto una base per i nostri Incontri, come avrete modo di leggere presto, conquistati anche dalla possibilità di avere a disposizione un grande fumoir, che sta per essere sottoposto ad un vigoroso quanto difficile restyling che lo renderà ancor più in sintonia con il fascino dell’intera location.

Si ringrazia Stilemaschile per la pubblicazione dell'articolo.