domenica 4 ottobre 2015

Bretelle Che Passione di Italo Borrello


Un accessorio che l’uomo di stile non deve e non può trascurare. Ideale per i completi, le bretelle erano in passato declinate in ogni tipo di contesto, da quello rurale al cittadino più formale. Italo Borrello ce le narra con le consuete puntualità ed esperienza. 


Ogni anno l’arrivo dell’autunno rinvigorisce, nell’uomo di stile, il piacere di dedicarsi alla cura del proprio guardaroba. Si effettua il tradizionale “cambio di stagione”, si rispolverano gli abiti più pesanti, se ne verifica lo stato, si programmano nuove e urgenti visite in sartoria, si svolge un attento inventario degli accessori, decidendo le opportune (o necessarie) integrazioni. Sciarpe, guanti, cappelli, maglie e altri complementi essenziali dell’abbigliamento classico ritornano - odorosi di canfora - tra le mani dell’uomo elegante. Dopo aver abbondantemente giocato con i lini e i cotoni della stagione estiva, dopo aver concesso ampio spazio a tenute informali, arricchite da accessori in pelle pregiata, quali mocassini in cuoio o cinture in morbido vitello o sontuoso coccodrillo, si rinnova il piacere di indossare l’abito a giacca, magari a tre pezzi, e, con esso, il gusto di portare le bretelle
.È difficile resistere al fascino di quest’ultimo accessorio, la cui nascita è collocata dagli storici dell’abbigliamento addirittura nel 1700 (l’origine del nome è francese e rimanda al concetto di stringere, premere, intrecciare). Da allora esso è stato declinato in numerosi materiali (cuoio, corda, cotone, velluto, gomma), rispondendo comunque allo scopo di sorreggere e mantenere a un’altezza costante e appropriata non solo i pantaloni maschili, ma anche le gonne femminili.

Le bretelle delle quali ci occupiamo in questo breve scritto sono, ovviamente, quelle destinate ad agganciarsi a bottoni cuciti all’interno dei pantaloni. Riteniamo invece di poter trascurare quelle con la chiusura “a clip”, forse più pratiche ma sicuramente prive di reale interesse dal punto di vista estetico e dell’eleganza maschile. Vale, per esse, lo stesso approccio che induce l’uomo di stile a preferire i bottoni sulla patta dei pantaloni, relegando nel dimenticatoio la chiusura lampo.

Le bretelle consentono di tenere il pantalone perfettamente adagiato lungo la gamba e di fargli toccare la scarpa in un punto costante, indipendentemente dai movimenti e dalla circonferenza della pancia. Il pantalone sorretto da bretelle possiede una grazia e un aplomb unici. Realizzato da un maestro sarto, esso avrà vita alta, due pinces profonde e, per conseguenza, un ampio “mantesino”, un cinturino anch’esso alto e, soprattutto robusto (per evitare antiestetici rovesciamenti), spezzato, sul retro, da uno spacco a “V”. Nel caso di pantaloni da abito completo, sarà opportuno considerare l’ipotesi di eliminare completamente i passanti, onde evitare la tentazione di usare la cintura. Quest’ultima potrà invece essere alternata alle bretelle nel caso di pantaloni destinati a spezzati. Avrà invece campo libero sui pantaloni estivi, da portare con la sola camicia.

I bottoni per l´aggancio delle bretelle, larghi e piatti, saranno applicati all’interno del cinturino. Sulla parte anteriore, uno dei bottoni sarà cucito in corrispondenza della prima pince, mentre l’altro seguirà a una distanza di circa 8-10 cm. Sul retro dei pantaloni, gli attacchi saranno disposti simmetricamente ai due lati dello spacco centrale.


Le bretelle rappresentano un complemento essenziale dell’abito a giacca e, in età classica, costituivano lo strumento pressoché esclusivo per sorreggere i pantaloni. L’immancabile presenza del panciotto, o gilet, tuttavia, le condannava all’invisibilità. Ciò permetteva di agganciarle a bottoni che venivano cuciti sulla parte esterna del cinturino dei pantaloni (cosa che alcune prestigiose sartorie fanno ancora oggi, per alcuni abiti per i quali il panciotto è indispensabile, come il morning coat).

Il tramonto del gilet, più o meno intorno alla metà del secolo scorso, ha determinato il progressivo abbandono delle bretelle in favore della cintura. Ciò si è tradotto, inoltre, nella progressiva discesa del punto vita dei pantaloni al di sotto di quello naturale, fino a far poggiare gli stessi pantaloni addirittura sulle anche. L’avvento dei jeans e, successivamente, dei famigerati pantaloni a vita bassa, ha dato il definitivo colpo di grazia all’armonia e all’eleganza della figura maschile.


Queste linee di tendenza, affermatesi come nuovi codici dell’abbigliamento maschile, non hanno impedito, per fortuna, che il punto naturale di vita dei pantaloni e l’uso delle bretelle sopravvivessero, trovando cultori attenti in ogni parte del mondo. Un contributo meritorio, in questo senso, è venuto dalla cultura anglosassone e, soprattutto, dagli Stati Uniti, dove le bretelle hanno conosciuto momenti di autentica gloria grazie ad alcune sapienti caratterizzazioni nel mondo dello spettacolo: si pensi al Gordon Gekko del film “Wall Street”, la cui figura rimane indissolubilmente legata alle bretelle indossate dall’attore Michael Douglas; o, ancora, al presentatore e “anchor man” Larry King, che ha fatto delle bretelle un tratto distintivo del proprio personaggio televisivo.

Oggi troviamo in commercio svariati tipi di bretelle. Al fine di fornire utili suggerimenti per orientarsi nella scelta, possiamo distinguerle in base agli attacchi, nonché al materiale, alla larghezza della fettuccia e al colore.
Gli attacchi possono essere in cuoio, pelle, budello o tessile. Nel primo caso, le bretelle saranno senz’altro di tono sportivo e accompagneranno egregiamente abiti dello stesso tono, spezzati o nei classici tessuti per l’aria aperta. Sul versante opposto si collocano gli attacchi in tessile, solitamente gros grain, abbinati a bretelle in seta, perfette per abiti più formali. Un discorso a parte va fatto per il budello, bianco o naturale, ormai fuori produzione, che - prima di essere sostituito con più comune pelle bianca o nera - accompagnava splendide bretelle in feltro colorato, molto usate in Inghilterra sotto giacche di tweed o altre lane pesanti e matte. Si tratta delle cd. Boxcloth, le cui fettucce dai colori forti, regolabili sul davanti, sono spesso lasciate disinvoltamente lunghe da molti eleganti.

Quanto al materiale, vi sono bretelle interamente in fibra elastica e bretelle rigide, che hanno l’elastico solo nel tirante posteriore. Se le prime sono molto più comode a indossarsi, considerando che quando ci si siede la tensione delle fettucce può essere fastidiosa, non c‘è dubbio che la palma dell’eleganza vada alle seconde, spesso di seta luminosa e multicolore. Non posso non menzionare il virtuosismo di un elegante dalla simpatia unica, il milanese Francesco Maglia, detto Kino, produttore di ombrelli di qualità eccelsa e appassionato indossatore di bretelle in cuoio intrecciato, realizzate dalla ditta americana Trafalgar ma, a quanto pare, anch’esse non più in produzione.

La larghezza della fettuccia andrebbe posta in relazione con la corporatura, la stagione e il peso del tessuto. In estate, infatti, è preferibile ridurne al minimo lo spessore e la larghezza, in modo da attenuare la sensazione, alquanto fastidiosa, di avere un altro capo addosso, tra la camicia e la giacca. Gli abiti invernali di peso elevato si giovano senz’altro, invece, di bretelle larghe e spesse. Notevole, in questi casi, è l’effetto delle già citate Boxcloth.
Quanto ai colori, non sembrano esservi, nelle scelte dell’uomo di stile, limiti particolari: fantasie, anche azzardate, strisce regimental, tinta unita, tutto è concesso lungo i binari del buon gusto, ovviamente. Non sottovaluterei, ad esempio, il potere benefico sull’umore e sulla sicurezza di sé, di un paio di bretelle in colori forti e decisi, il cui balenare improvviso all’apertura della giacca può riscaldare una grigia giornata o ridimensionare un’avversa circostanza.

E’ diffusa, in molti gentiluomini, la tendenza ad adottare bretelle colorate anche sotto lo smoking. Questo vezzo, che spesso si estende anche alla pochette, non è affatto criticabile, a patto che non se ne abusi. Le bretelle da smoking più corrette, infatti, sono bianche di moiré, cioè con la superficie percorsa da venature simili a quelle del legno, e con attacchi in tessile dello stesso colore. Ciò al fine di mantenere salda e incorruttibile la drammaticità del contrasto bianco/nero di una tenuta in black tie.

Concludiamo, ora, con qualche nome. In seta o in altri materiali, con qualunque tipo di attacco e di larghezza, le bretelle hanno, in tutto il mondo, un riferimento fondamentale nella casa inglese “Albert Thurston”, fondata nel 1820, la quale già nel 1851, in occasione della Grande Esposizione londinese in Hide Park, in piena epoca vittoriana, riceveva una Honourable Mention per l’eccellente qualità dei propri prodotti. La scelta di bretelle, sul sito internet di questa prestigiosissima ditta, è veramente impressionante (www.albertthurston.com ).


Sempre a Londra, nel quartiere St. James, scorrendo le vetrine delle camicerie di Jermyn Street, ancora cariche di attrattive per l’uomo di stile, si potranno trovare splendidi esemplari di boxcloth in tinte unite che vanno dal giallo canarino al rosso vivo, al verde inglese, fino al rosa, al lilla e al viola, colori tanto cari agli eleganti d’oltremanica. Tra gli indirizzi, segnaliamo “New & Lingwood”, al n. 53, “Harvie & Hudson”, ai nn. 77 e 96/97, “T.M. Lewin”, ai nn. 103/106.


In Italia, meritano una menzione speciale le splendide bretelle realizzate da Marinella, a Napoli, con le stesse sete utilizzate per le celebri cravatte.(www.marinellanapoli.it)
Quanto ai negozi specializzati, mi sia consentito citare due indirizzi romani.
Il primo è “Cruciani & Bella”, al n. 34 di Piazza S. Lorenzo in Lucina, uno dei più bei salotti della Capitale. Accolti con cortesia e competenza dall’elegante Danilo Cruciani, vi si possono trovare cravatte e accessori inglesi di qualità eccellente. Vastissima la scelta di bretelle Thurston, i cui colori e abbinamenti sono assortiti in Inghilterra specificamente per Danilo (www.crucianiebella.it).
Il secondo è l’antica Cappelleria “Viganò”, in Via Minghetti, 8, a pochi passi dal Teatro Quirino (oggi intitolato a Vittorio Gassman). Rimasto immutato dai primi del secolo scorso, questo negozio rappresenta - oggi - uno dei pochissimi luoghi, in tutta Italia, in grado di dare all’appassionato un’idea concreta di quanto ricco, raffinato e interessante fosse, una volta, il mondo dell’eleganza classica maschile.

Per la pubblicazione si ringrazia Stile Maschile editore




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