Un accessorio che l’uomo di stile non deve e non può
trascurare. Ideale per i completi, le bretelle erano in passato declinate in
ogni tipo di contesto, da quello rurale al cittadino più formale. Italo
Borrello ce le narra con le consuete puntualità ed esperienza.
Ogni anno l’arrivo dell’autunno rinvigorisce, nell’uomo di
stile, il piacere di dedicarsi alla cura del proprio guardaroba. Si effettua il
tradizionale “cambio di stagione”, si rispolverano gli abiti più pesanti, se ne
verifica lo stato, si programmano nuove e urgenti visite in sartoria, si svolge
un attento inventario degli accessori, decidendo le opportune (o necessarie)
integrazioni. Sciarpe, guanti, cappelli, maglie e altri complementi essenziali
dell’abbigliamento classico ritornano - odorosi di canfora - tra le mani
dell’uomo elegante. Dopo aver abbondantemente giocato con i lini e i cotoni
della stagione estiva, dopo aver concesso ampio spazio a tenute informali,
arricchite da accessori in pelle pregiata, quali mocassini in cuoio o cinture
in morbido vitello o sontuoso coccodrillo, si rinnova il piacere di indossare
l’abito a giacca, magari a tre pezzi, e, con esso, il gusto di portare le
bretelle
.È difficile resistere al fascino di quest’ultimo accessorio,
la cui nascita è collocata dagli storici dell’abbigliamento addirittura nel
1700 (l’origine del nome è francese e rimanda al concetto di stringere,
premere, intrecciare). Da allora esso è stato declinato in numerosi materiali
(cuoio, corda, cotone, velluto, gomma), rispondendo comunque allo scopo di
sorreggere e mantenere a un’altezza costante e appropriata non solo i pantaloni
maschili, ma anche le gonne femminili.
Le bretelle delle quali ci occupiamo in questo breve scritto
sono, ovviamente, quelle destinate ad agganciarsi a bottoni cuciti all’interno
dei pantaloni. Riteniamo invece di poter trascurare quelle con la chiusura “a
clip”, forse più pratiche ma sicuramente prive di reale interesse dal punto di
vista estetico e dell’eleganza maschile. Vale, per esse, lo stesso approccio
che induce l’uomo di stile a preferire i bottoni sulla patta dei pantaloni,
relegando nel dimenticatoio la chiusura lampo.
Le bretelle consentono di tenere il pantalone perfettamente
adagiato lungo la gamba e di fargli toccare la scarpa in un punto costante,
indipendentemente dai movimenti e dalla circonferenza della pancia. Il
pantalone sorretto da bretelle possiede una grazia e un aplomb unici.
Realizzato da un maestro sarto, esso avrà vita alta, due pinces profonde e, per
conseguenza, un ampio “mantesino”, un cinturino anch’esso alto e, soprattutto
robusto (per evitare antiestetici rovesciamenti), spezzato, sul retro, da uno
spacco a “V”. Nel caso di pantaloni da abito completo, sarà opportuno
considerare l’ipotesi di eliminare completamente i passanti, onde evitare la
tentazione di usare la cintura. Quest’ultima potrà invece essere alternata alle
bretelle nel caso di pantaloni destinati a spezzati. Avrà invece campo libero
sui pantaloni estivi, da portare con la sola camicia.
I bottoni per l´aggancio delle bretelle, larghi e piatti,
saranno applicati all’interno del cinturino. Sulla parte anteriore, uno dei
bottoni sarà cucito in corrispondenza della prima pince, mentre l’altro seguirà
a una distanza di circa 8-10 cm. Sul retro dei pantaloni, gli attacchi saranno
disposti simmetricamente ai due lati dello spacco centrale.
Le bretelle rappresentano un complemento essenziale
dell’abito a giacca e, in età classica, costituivano lo strumento pressoché
esclusivo per sorreggere i pantaloni. L’immancabile presenza del panciotto, o
gilet, tuttavia, le condannava all’invisibilità. Ciò permetteva di agganciarle
a bottoni che venivano cuciti sulla parte esterna del cinturino dei pantaloni
(cosa che alcune prestigiose sartorie fanno ancora oggi, per alcuni abiti per i
quali il panciotto è indispensabile, come il morning coat).
Il tramonto del gilet, più o meno intorno alla metà del
secolo scorso, ha determinato il progressivo abbandono delle bretelle in favore
della cintura. Ciò si è tradotto, inoltre, nella progressiva discesa del punto
vita dei pantaloni al di sotto di quello naturale, fino a far poggiare gli
stessi pantaloni addirittura sulle anche. L’avvento dei jeans e,
successivamente, dei famigerati pantaloni a vita bassa, ha dato il definitivo
colpo di grazia all’armonia e all’eleganza della figura maschile.
Queste linee di tendenza, affermatesi come nuovi codici
dell’abbigliamento maschile, non hanno impedito, per fortuna, che il punto naturale
di vita dei pantaloni e l’uso delle bretelle sopravvivessero, trovando cultori
attenti in ogni parte del mondo. Un contributo meritorio, in questo senso, è
venuto dalla cultura anglosassone e, soprattutto, dagli Stati Uniti, dove le
bretelle hanno conosciuto momenti di autentica gloria grazie ad alcune sapienti
caratterizzazioni nel mondo dello spettacolo: si pensi al Gordon Gekko del film
“Wall Street”, la cui figura rimane indissolubilmente legata alle bretelle
indossate dall’attore Michael Douglas; o, ancora, al presentatore e “anchor
man” Larry King, che ha fatto delle bretelle un tratto distintivo del proprio
personaggio televisivo.
Oggi troviamo in commercio svariati tipi di bretelle. Al
fine di fornire utili suggerimenti per orientarsi nella scelta, possiamo
distinguerle in base agli attacchi, nonché al materiale, alla larghezza della
fettuccia e al colore.
Gli attacchi possono essere in cuoio, pelle, budello o
tessile. Nel primo caso, le bretelle saranno senz’altro di tono sportivo e
accompagneranno egregiamente abiti dello stesso tono, spezzati o nei classici
tessuti per l’aria aperta. Sul versante opposto si collocano gli attacchi in
tessile, solitamente gros grain, abbinati a bretelle in seta, perfette per
abiti più formali. Un discorso a parte va fatto per il budello, bianco o
naturale, ormai fuori produzione, che - prima di essere sostituito con più
comune pelle bianca o nera - accompagnava splendide bretelle in feltro
colorato, molto usate in Inghilterra sotto giacche di tweed o altre lane
pesanti e matte. Si tratta delle cd. Boxcloth, le cui fettucce dai colori
forti, regolabili sul davanti, sono spesso lasciate disinvoltamente lunghe da
molti eleganti.
Quanto al materiale, vi sono bretelle interamente in fibra elastica
e bretelle rigide, che hanno l’elastico solo nel tirante posteriore. Se le
prime sono molto più comode a indossarsi, considerando che quando ci si siede
la tensione delle fettucce può essere fastidiosa, non c‘è dubbio che la palma
dell’eleganza vada alle seconde, spesso di seta luminosa e multicolore. Non
posso non menzionare il virtuosismo di un elegante dalla simpatia unica, il
milanese Francesco Maglia, detto Kino, produttore di ombrelli di qualità
eccelsa e appassionato indossatore di bretelle in cuoio intrecciato, realizzate
dalla ditta americana Trafalgar ma, a quanto pare, anch’esse non più in
produzione.
La larghezza della fettuccia andrebbe posta in relazione con
la corporatura, la stagione e il peso del tessuto. In estate, infatti, è
preferibile ridurne al minimo lo spessore e la larghezza, in modo da attenuare
la sensazione, alquanto fastidiosa, di avere un altro capo addosso, tra la
camicia e la giacca. Gli abiti invernali di peso elevato si giovano senz’altro,
invece, di bretelle larghe e spesse. Notevole, in questi casi, è l’effetto
delle già citate Boxcloth.
Quanto ai colori, non sembrano esservi, nelle scelte
dell’uomo di stile, limiti particolari: fantasie, anche azzardate, strisce
regimental, tinta unita, tutto è concesso lungo i binari del buon gusto,
ovviamente. Non sottovaluterei, ad esempio, il potere benefico sull’umore e
sulla sicurezza di sé, di un paio di bretelle in colori forti e decisi, il cui
balenare improvviso all’apertura della giacca può riscaldare una grigia
giornata o ridimensionare un’avversa circostanza.
E’ diffusa, in molti gentiluomini, la tendenza ad adottare
bretelle colorate anche sotto lo smoking. Questo vezzo, che spesso si estende
anche alla pochette, non è affatto criticabile, a patto che non se ne abusi. Le
bretelle da smoking più corrette, infatti, sono bianche di moiré, cioè con la
superficie percorsa da venature simili a quelle del legno, e con attacchi in
tessile dello stesso colore. Ciò al fine di mantenere salda e incorruttibile la
drammaticità del contrasto bianco/nero di una tenuta in black tie.
Concludiamo, ora, con qualche nome. In seta o in altri
materiali, con qualunque tipo di attacco e di larghezza, le bretelle hanno, in
tutto il mondo, un riferimento fondamentale nella casa inglese “Albert
Thurston”, fondata nel 1820, la quale già nel 1851, in occasione della Grande
Esposizione londinese in Hide Park, in piena epoca vittoriana, riceveva una
Honourable Mention per l’eccellente qualità dei propri prodotti. La scelta di
bretelle, sul sito internet di questa prestigiosissima ditta, è veramente
impressionante (www.albertthurston.com ).
Sempre a Londra, nel quartiere St. James, scorrendo le
vetrine delle camicerie di Jermyn Street, ancora cariche di attrattive per
l’uomo di stile, si potranno trovare splendidi esemplari di boxcloth in tinte
unite che vanno dal giallo canarino al rosso vivo, al verde inglese, fino al
rosa, al lilla e al viola, colori tanto cari agli eleganti d’oltremanica. Tra
gli indirizzi, segnaliamo “New & Lingwood”, al n. 53, “Harvie &
Hudson”, ai nn. 77 e 96/97, “T.M. Lewin”, ai nn. 103/106.
In Italia, meritano una menzione speciale le splendide
bretelle realizzate da Marinella, a Napoli, con le stesse sete utilizzate per
le celebri cravatte.(www.marinellanapoli.it)
Il primo è “Cruciani & Bella”, al n. 34 di Piazza S.
Lorenzo in Lucina, uno dei più bei salotti della Capitale. Accolti con cortesia
e competenza dall’elegante Danilo Cruciani, vi si possono trovare cravatte e
accessori inglesi di qualità eccellente. Vastissima la scelta di bretelle
Thurston, i cui colori e abbinamenti sono assortiti in Inghilterra
specificamente per Danilo (www.crucianiebella.it).
Il secondo è l’antica Cappelleria “Viganò”, in Via
Minghetti, 8, a pochi passi dal Teatro Quirino (oggi intitolato a Vittorio
Gassman). Rimasto immutato dai primi del secolo scorso, questo negozio
rappresenta - oggi - uno dei pochissimi luoghi, in tutta Italia, in grado di
dare all’appassionato un’idea concreta di quanto ricco, raffinato e
interessante fosse, una volta, il mondo dell’eleganza classica maschile.
Per la pubblicazione si ringrazia Stile Maschile editore
Nessun commento:
Posta un commento