Nel corso degli ultimi decenni, numerose sono state le ricostruzioni, più o meno fedeli, di come ebbe inizio la straordinaria epopea di quella che sarebbe poi stata conosciuta come «la corsa più bella del mondo».
La versione più nota, e ovviamente attendibile, è senza dubbio quella a firma di uno dei fondatori, Giovanni Canestrini, riportata sul suo famosissimo libro "Mille Miglia" edito nel 1967.
In queste pagine - riprese anche da Giovannino Lurani nell'altrettanto famoso "La storia delle Mille Miglia", nel 1979 - è descritto il memorabile episodio avvenuto il 2 dicembre 1926, giorno ormai riconosciuto ufficialmente come data di nascita della Mille Miglia.
Canestrini, con il suo stile venato da un pizzico di malcelata ironia, narra dell'arrivo nella sua casa milanese di Via Bonaventura Cavalieri del gruppo dei bresciani costituito da Franco Mazzotti, Aymo Maggi, Renzo Castagneto, (gli altri tre "moschettieri") e l'amico Flaminio Monti.
Il resto del racconto è ormai leggenda, fino all'intervento di Franco Mazzotti che pronuncia le fatidiche parole: "Coppa delle Mille Miglia".
La cronaca di Giovanni Canestrini, per quanto aderente ai fatti, risulta parziale e condizionata sia dalla volontà di non risvegliare antiche polemiche, sia dal periodo nel quale scrive, a poco più di due decenni dai tragici eventi che hanno visto la conclusione del regime fascista, dopo la guerra mondiale.
La lettura di un analogo articolo dello stesso Canestrini, pubblicato sul "numero unico" della Mille Miglia 1930, pur senza modificare minimamente la narrazione degli avvenimenti effettuata trentasette anni dopo, offre una visione più complessa - e più aderente alla realtà dell'epoca - di come autenticamente si svolsero i fatti, in quel fine autunno del 1926.
Per meglio comprendere come si giunse a quell'incontro in casa Canestrini, si deve tornare indietro nel tempo di alcuni anni, subito dopo la Prima Guerra Mondiale.
LA PRIMA MILLE MIGLIA: L'ORGANIZZAZIONE
A Brescia, comunque, non si scoraggiarono per nulla; le recenti vittorie in importanti competizioni ottenute rispettivamente da Aymo Maggi e dalle vetture O.M., la fabbrica di casa, tenevano alti gli animi.
La speranza era di poter schierare al via almeno una trentina di concorrenti, in quella che si riteneva sarebbe stata un'esperienza irripetibile: la prima, e unica, "Coppa delle Mille Miglia".
A questo punto della storia, i nostri eroi coinvolsero nell'organizzazione altri personaggi che, seppur oggi poco ricordati, sostennero ruoli indispensabili alla nascita della Mille Miglia: Armando Cougnet, Alfredo Giarratana e Augusto Turati.
La "Gazzetta", attraverso il direttore Emilio Colombo aveva offerto non solo la collaborazione del giornale, ma anche organizzativa, attraverso Cougnet, il "papà del Giro d'Italia ciclistico".
Fu deciso che Castagneto e Cougnet eseguissero rapidamente un giro di ricognizione del percorso, che fu frazionato in venti zone assegnate ad altrettanti fiduciari scelti tra i corrispondenti della Gazzetta dello Sport.
A costoro, sotto la direzione di Cougnet come al Giro d'Italia, fu affidato l'inquadramento dei controlli e dei passaggi nei diversi centri.
Il 18 gennaio 1927, l'A. C. Brescia inaugurava la sua nuova sede, dove cominciarono a giungere le prime iscrizioni: la prima fu quella di Zampieri, con una Amilcar CG SS.
Franco Mazzotti assunse l'incarico di Commissario della Manifestazione, Renzo Castagneto fu nominato Direttore di corsa e Segretario della manifestazione (incarichi che manterrà fino al 1957), Maggi, Giarratana e Oreste Bertoli Commissari Sportivi. Canestrini e l'ing. Ottavio Fuscaldo, progettista delle vetture O.M., Commissari Tecnici.
GLAMOUR
Un abito di colore marrone può trasformarsi in blu, diventando quindi un "giallo"?
Impossibile? No, se questo abito del 1950 è il più famoso della storia dell'automobilismo: si tratta del celebre doppiopetto indossato dal Conte Giannino Marzotto durante la sua vittoriosa Mille Miglia.
Le cronache del tempo di Manuel Vigliani, il "menestrello della Mille Miglia", narrano dello stupore e dello scetticismo con i quali fu accolto in Viale Venezia il rampollo della dinastia di Valdagno, i Marzotto fondatori di quello che è stato il più grande gruppo tessile italiano.
I favoriti della vigilia risero un po' meno quando il giovane nobile vicentino, in maniera del tutto inaspettata, concluse la gara con uno strepitoso primo posto, consegnando il doppiopetto alla leggenda.
Per la cronaca, Giannino Marzotto confermò le sue doti di fuoriclasse ripetendo il successo nel 1953, questa volta indossando un più comodo maglione di cachemire, ma senza rinunciare alla cravatta. In entrambe le occasioni, al suo fianco c'era Marco Crosara, amico fin dall'infanzia.
Ciò che Vigliani non riportò nei suoi articoli è il colore dell'abito; le foto dell'epoca, ovviamente in bianco e nero, non sono di alcun aiuto, salvo per stabilire che il tessuto non è in tinta unita ma con una trama detta "occhio di pernice".
La Ferrari 195 S era di colore azzurro metallizzato e qualcuno scrisse che la cravatta indossata da Marzotto era in tinta con la vettura.
In un'intervista rilasciata alla Rai negli anni Settanta, Giannino Marzotto affermò che la giacca era di colore blu. Tale intervista è stata scovata negli archivi Rai da Ezio Zermiani che, in qualità di curatore del materiale audiovisivo del Museo della Mille Miglia, lo inserì nell'audio-guida del Museo stesso, dove l'abito fu esposto per due anni.
Logico quindi lo stupore dei visitatori del Museo quando, mentre ascoltavano il testo, si trovavano a osservare un abito che pareva amaranto (effetto ottico dato dalla trama dell'abito costituita da ordito e trama del tessuto con filati neri, beige e rossi).
Ma come era arrivato a Brescia il celebre completo? Nei primi anni Novanta, Giannino aveva estratto l'abito dalla naftalina e ne aveva fatto dono al Museo dell'Automobile Bonfanti di Romano d'Ezzellino, nei pressi di Bassano, del quale era presidente onorario.
All'atto dell'apertura del Museo della Mille Miglia - su richiesta del Club della Mille Miglia Franco Mazzotti - gli amici di Bassano lo concedettero in comodato al museo bresciano per un periodo di due anni, insieme alle coppe vinte da Marzotto alla Mille Miglia.
L'abito arrivò a Brescia completo di una camicia di seta color burro e di una cravatta a con disegno spigato di tonalità beige, al centro della quale una tarma aveva scavato un bel buco.
Il curatore della sezione moda e costume del Museo della Mille Miglia, il noto costumista teatrale Simone Valsecchi, decideva quindi di coprire il buco con una spilla.
All'inaugurazione del Museo, il 5 novembre 2004, con lo spirito che lo contraddistingue, Giannino Marzotto aveva pubblicamente affermato - tra un brindisi di buon augurio e l'altro - che non si riconosceva nell'immagine fornita al pubblico dal suo abito, in quanto la spilla sulla cravatta lo rendeva un po' "effemminato" (l'espressione originale fu molto più colorita e politicamente scorretta…). Marzotto aggiunse che la camicia e la cravatta non erano quelle originali e che avrebbe provveduto a portare a Brescia quelle giuste.
Un mese più tardi, sabato 11 dicembre, all'Hotel Vittoria, fu tenuta la riunione pre-natalizia del Club della Mille Miglia Franco Mazzotti, del quale Giannino Marzotto era presidente.
Prima del pranzo, il Conte aveva scherzosamente rinnovato il suo disappunto per la scarsa virilità dell'abito esposto con la spilla.
Giunta l'ora dei discorsi ufficiali, brandendo un panino al posto del microfono che non funzionava, Marzotto esclamava: «…quell'abito non è il mio, ma quello di un effeminato (eufemismo… N.d.A.); non lo riconosco, anche perché è l'unico doppiopetto che ho posseduto! Questo l'avranno comprato da Benetton. Per mettere le cose a posto, ho portato la camicia che indossavo quel giorno, fatta con la seta di un paracadute americano, e una cravatta appropriata. La spilla la regalo al presidente Bontempi (allora presidente di ACI Brescia)».
Mentre Giannino strizzava l'occhio al direttore del Museo, ci furono grandi risate tra chi ben conosceva la verve del Conte Marzotto che, notoriamente, indossava solo abiti a doppiopetto e che, appartenendo alla famiglia proprietaria di un immenso impero economico basato sull'industria tessile, oggi in concorrenza con i vicini Benetton, possedeva un ricco guardaroba.
Sconcerto, al contrario, tra i molti presenti privi di familiarità con lo spumeggiante campione dell'automobilismo; inevitabile che molti si chiedessero se l'abito esposto al Museo Mille Miglia fosse realmente quello originale, compresi gli inviati della stampa che, il giorno dopo, titolarono che l'abito non era di Marzotto.
Possiamo tranquillizzare gli appassionati: abito e camicia - allora esposti al Museo Mille Miglia e oggi al Museo dell'Automobile Bonfanti - sono quelli indossati da Giannino nel 1950 durante la corsa vittoriosa, mentre la cravatta non è quella originale, pur appartenendo allo stesso Marzotto.
Resta però il dubbio sul colore dell'abito. Aldilà di quanto, questa volta seriamente, affermato dallo stesso Marzotto all'inaugurazione del Museo (prima di vedere l'odiata e ambigua spilla) sull'autenticità dell'abito, il "giallo" è svelato in un capitolo del libro "La saga dei Marzotto", pubblicato da Giorgio Nada Editore a firma di Cesare De Agostini, uno dei più noti storici dell'automobile.
Sotto una foto di Giannino Marzotto, ritratto al Museo Bonfanti a fianco dell'abito, si legge: «Cominciò a far capolino una leggenda che, come sempre, era più bella della realtà: quel doppiopetto, di un colore vagamente rossiccio-marrone, divenne blu.
Il Conte che vince la Mille Miglia in doppiopetto blu era qualcosa di irresistibile per i giornalisti, già incuriositi dall'età del vincitore: ventidue anni, un record mai più battuto».
Nel corso di un colloquio informale con i soci del Club della Mille Miglia, Marzotto precisò: «In verità, nel 1950, partecipai a quella mia prima Mille Miglia convinto di ritirarmi per qualche problema all'auto. Temendo di dover affrontare un lungo viaggio di ritorno, magari con il treno, ritenni opportuno prendere il via vestito bene, in abito formale e cravatta». "Noblesse oblige", caro Conte…
Sessantadue anni dopo quella vittoria, il 14 luglio 2012, il Conte Giannino Marzotto ci ha lasciati, all'età di ottantaquattro anni, mantenendo - fino a pochi mesi dalla sua scomparsa - un'acutezza intellettuale notevolissima, condita da un pizzico di spirito goliardico.
Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, ha scoperto una carica vitale inarrestabile, tale da sorprendere chi si attende un atteggiamento di ben altra natura, da un personaggio di tale fama e lignaggio.
Un episodio emblematico ha ancor più commosso chi lo ha ammirato: Marco Crosara, coetaneo e compagno di vita e di avventure di Giannino, nonché suo coéquipier nelle due Mille Miglia vittoriose, si è spento il 19 luglio, cinque giorni dopo il suo grande amico. Forse per ricomporre l'equipaggio vincente…
2015
Juan Tonconogy e Guillermo Berisso, su Bugatti T 40 del 1927 sono i vincitori a Mille Miglia 2015.
Secondo posto per Andrea Vesco e Andrea Guerini, su FIAT 514 MM 1930. Terzo Ezio Martino Salviato e Caterina Moglia su Bugatti T 40,1928.
Marzio Villa e Maria Cristina Abello, su FORD A DELUXE del 1931, con una straordinaria posizione nella classifica finale.
Marzio Villa e Maria Cristina Abello indossando i colori di Cuervo y Sobrinos un omaggio per le automobili d'epoca che sono sempre stati un simbolo di lusso raffinato, lo stesso lusso del marchio dalla sua creazione..
L'obiettivo finale della Mille Miglia, dopo più di 1600 km di strade spettacolari, attraversando le più belle città italiane tra paesaggi naturali spettacolari.